Neve a gennaio? Sarebbe davvero di grande aiuto per l'agricoltura. L'inverno senza neve mette in allarme anche l'agricoltura: c'è grande preoccupazione anche perchè prosegue la massiccia erosione di riserve idriche sull'arco alpino a causa delle alte temperature.
L'inverno secco e caldo che stiamo vivendo mette in allarme anche il mondo dell’agricoltura, già mandato in crisi da un anno, quello passato, eccezionalmente secco, aperto con un periodo senza precipitazioni da record - quello compreso tra dicembre 2021 e marzo 2022 - e proseguito con rovesci ben al di sotto della media.
Ora un inverno con poche nevicate e temperature ancora una volta sopra la media, che stanno erodendo le riserve di neve sull’arco alpino: fattori che inducono il mondo dell’agricoltura a guardare con particolare preoccupazione alla prossima estate.

Perchè la neve in inverno è importante
Un proverbio della tradizione contadina sintetizza efficacemente l’importanza della neve, anche in pianura, soprattutto sul terreno agricolo:
Sotto la neve pane, sono l'acqua fame
La spiegazione è quasi scontata. L’eccessiva acqua affonda il seme, lo affoga e lo marcisce. Al contrario la neve, come una coperta, lo protegge dalle gelate sotto la terra che lo custodisce, per farlo germogliare sano al risveglio della primavera.

Sciogliendosi lentamente, la coltre nevosa viene assorbita dal terreno senza rovinare i raccolti. Questo principio rurale ha resistito per molti anni e l’agrometerologia se ne è impossessata facendolo diventare oggetto di studio.
Benefici, per lo più
In pratica la neve, con il suo alto potere coibentante, durante l’inverno protegge il terreno dalle gelate.
In primavera rallenta il suo riscaldamento ritardando la ripresa vegetativa, cosa positiva perché preserva le piante, e soprattutto gli apparati radicali, dai danni delle gelate tardive. Ha anche funzione di serbatoio d’acqua.

Sciogliendosi con gradualità, consente al terreno di immagazzinare l’acqua che altrimenti si sarebbe dispersa per ruscellamento.
Pochi gli effetti agronomici negativi c’è la riduzione degli scambi gassosi fra suolo e atmosfera e la rottura dei rami degli alberi. Semmai dovesse verificarsi, come in molti stanno paventando, una nevicata dalla metà di gennaio in poi sulle cime di Appennini e Alpi sicuramente si andrebbero a produrre benefici importanti sui terreni agricoli per la prossima annata agraria, già messa in crisi nel 2022 per le ridotte precipitazioni.
Vantaggi che non scorrono via
I benefici a livello agronomico crescono ulteriormente sui terreni collinari o in pendio. Qui la quota d’acqua proveniente dalle precipitazioni nevose viene in gran parte assorbita dal suolo con notevole vantaggio per la vegetazione.
Se l’identica quantità di acqua cadesse sotto forma di pioggia sullo stesso suolo, una minore percentuale verrebbe trattenuta dal terreno scivolando a valle, con ulteriori danni dovuti all’azione erosiva.

Sui terreni di piano la neve, sciogliendosi gradualmente, permette una percolazione profonda dell’acqua: sarà nullo o molto ridotto il rischio di ristagno idrico rispetto alla stessa quantità di acqua piovana caduta sullo stesso suolo.
Una coperta a 0°C
L'importanza della neve parte dalla forma del singolo cristallo di neve. La particolare conformazione dei fiocchi permette di intrappolare l’aria.
Si crea una sorta di pellicola naturale che funge da isolante termico: protegge la vegetazione dalle escursioni termiche, dal vento gelido, trattiene il calore proveniente dal terreno e cosi i germogli possono resistere al freddo invernale.
La neve presenta poi un ulteriore effetto indiretto: nelle zone a rischio di gelate tardive, rallentando la ripresa vegetativa delle colture, limita i danni prodotti da queste gelate ai giovani germogli.
In agricoltura il fabbisogno idrico è praticamente sempre molto elevato e la neve, se stagionale, è una componente molto vantaggiosa per le colture. Fuori stagione può rappresentare invece un flagello perché le basse temperature colpiscono le gemme delle piante da frutto durante il risveglio vegetativo delle piante.
Quanta neve servirebbe per supportare la richiesta idrica
La domanda è d’obbligo. In che misura la quantità di neve caduta potrebbe soddisfare il fabbisogno idrico delle colture praticate in Italia?
Supponiamo che 1 cm di neve possa essere convertito in 1 mm di acqua piovana. Ipotizzando una copertura nevosa di 1 m estesa su 5 milioni di ettari (corrisponde a poco meno del 50% della superficie italiana classificata come collina/montagna) avente in media una altezza di un metro avremmo 5 miliardi di m3 di acqua.
Supponendo il fabbisogno idrico dei cereali, per ottenere 1 t di cereali occorrono in toto ben 1.000 m3.
Supponendo una produzione media italiana di cereali di circa 20 milioni di t sulla base dell’ipotetica quantità di neve caduta, possiamo supporre che viene soddisfatto il fabbisogno idrico complessivo di 5 milioni di tonnellate di cereali.