L'aratura, soprattutto se è abbinata a un abbattimento dei costi,tiene ed è ancora ampiamente apprezzata da gran parte degli agricoltori. Questo a fronte di un contraccolpo che comunque c'è stato, per via delle pratiche di minimum e zero tillage. Ma l’aratura resiste ed è ancora lavorazione tra le più importanti. Bastano pochi accorgimenti per farla diventare pratica parca di carburante.
Aratura: non è in competizione con le minime
In un’epoca in cui l’agricoltura conservativa segue il radicale posizionamento in superficie dei residui vegetali e l’uso delle colture di copertura per conservare il suolo e aumentarne il contenuto di sostanza organica, l’abbandono delle tecniche di lavorazione profonda con inversione degli strati a favore di sistemi semplificati che disturbino meno la superficie del terreno sembra ormai una strada obbligata.

In caso però di eccessiva presenza di residui colturali oppure nel caso in cui si debbano interrare concimi organici come, ad esempio, i reflui zootecnici o il compost, l’uso di un aratro polivomere a profondità ridotte può essere ammesso tra le tecniche conservative purché l’azione di interramento non sia totale, ma lasci la superficie coperta da almeno il 30% di residui colturali.
La lavorazione principe
Sebbene, quindi, le tecniche di lavorazione del terreno, nonché i macchinari, abbiano subito notevoli evoluzioni nel corso degli ultimi anni diffusione dei coltivatori), gli obbiettivi della preparazione del fondo sono rimasti i medesimi: raggiungimento di un corretto equilibrio fra fase solida, aria ed acqua, formazione di una struttura adeguata allo sviluppo delle radici, interruzione della capillarità superficiale, interramento di concimi ed ammendanti, controllo delle erbe infestanti e interazione con le altre pratiche agronomiche.

Generalmente si distinguono due classi di lavorazioni del terreno: principali e secondarie (o di affinamento).
L’aratura è sicuramente la tecnica più diffusa e rappresentativa. Il principio, indipendentemente dall’evoluzione meccanica è rimasto il medesimo: la terra viene rovesciata, collocando lo strato superficiale, i sarmenti e le malerbe in profondità, mentre gli strati profondi vengono portati in superficie ed esposti all’azione degli agenti atmosferici.
In rapporto alla forma dell’aratro, e in particolare del versoio, la fetta terrosa può subire uno sgretolamento più o meno intenso. In funzione della profondità l’aratura si classifica come leggera (fino a 30 cm) media (fino a 50 cm) e profonda (oltre i 50 cm).
Sebbene l’aratura profonda crei maggiore spazio per lo sviluppo delle radici, maggiore disponibilità di acqua ed elementi nutritivi, presenta anche elementi negativi da non sottovalutare quali la diluizione della sostanza organica lungo il profilo, la sua eccessiva mineralizzazione e, soprattutto, l’elevato costo di esecuzione in particolar modo per il carburante.

In costante evoluzione
Oggi nell'ottica di un'ottimizzazione di costi e di gestione colturale; l'aratura ha, infatti, assunto nuove forme di utilizzo. La tendenza è quella di arature meno profonde, non superiori ai 30 cm, e del contemporaneo ricorso ad attrezzature azionabili da trattori di potenze più modeste.
È questo il motivo che ha spinto tutti i competitor a realizzare gamme molto articolate e diversificate, in grado di coprire tutte le necessità di tutte le aziende agricole a partire da modelli leggeri per potenze contenute fino alle grandi attrezzature fuori solco.
Non serve esagerare
Numerosi studi infatti si è arrivato a quantificare che le spese per il gasolio pesano dal 3 al 5% del costo totale di produzione di una coltura.
L’aratura si attesta quindi tra le operazioni colturali più consumatrici d’energia. Esistono però semplici trucchi per contenere i consumi pur rispettando gli obiettivi di risultato tecnico ed economico.

Sono numerose le regole che si possono seguire per ottenere un notevole risparmio. Si parte dalla scelta della macchina più adeguata. Serve infatti adattare la potenza del trattore alle esigenze dell’azienda. L’acquisto del trattore è da valutare in funzione del tipo di lavori da effettuare, dell’estensione delle superfici, dell’itinerario colturale prescelto e degli utensili presenti in azienda, con potenze possibili tra il 40 Cv e i 300.
Strettamente legato a questo aspetto c’è anche la scelta di un corretto regime del motore. Nell’aratura, lavorando a 300 o 400 g/min al di sotto del regime massimo, è possibile un risparmio di carburante da 1,5 a 2 litri l’ora, impiegando un trattore da 100 Cv. C’è da valutare la velocità d’avanzamento e la larghezza di lavoro.
Nell’aratura, è preferibile utilizzare un aratro più largo e ridurre la velocità, al fine di diminuire i consumi di carburante e di componenti d’usura.
La gomma fa la sua parte
C’è poi di una scelta mirata degli pneumatici, soprattutto per ciò che concerne la loro dimensione e pressione. La larghezza degli pneumatici per gli aratri convenzionali, sarà limitata alla larghezza del solco dell’aratro: gli aratri fuori linea possono consentire l’impiego di pneumatici più larghi o di pneumatici gemelli.

Bisognerà poi fare attenzione alla pressione di gonfiaggio soprattutto nel passaggio tra terra ad asfalto, per adattare la pressione di gonfiaggio in modo da limitare la deformazione. In questo modo si riduce la perdita di potenza per attrito di rotolamento. Su terreno duro, la resistenza all’avanzamento dipende invece dalla deformazione degli pneumatici.
Nel lavoro con l’aratro, una diminuzione della pressione è perciò utile per aumentare la deformazione e la superficie di contatto dello pneumatico con il suolo, allo scopo di diminuire la potenza perduta per slittamento. Non solo un elemento basilare è anche il diametro steso degli pneumatici. Più il diametro è grande, maggiore sarà la superficie di contatto e minore l’affondamento nel terreno.
Masse fan rima con asse
Strettamente legata agli pneumatici c’è la cura nella ripartizione delle masse. Quella ideale su di un trattore a 4 ruote motrici è il 40% sull’assale anteriore e il 60% su quello posteriore per i lavori sul campo (corrispondente al 50% sull’assale anteriore e 50% sul posteriore a riposo). La ripartizione ideale per un trattore a 2 ruote motrici è porre la maggior parte del peso sull’assale posteriore.
Quando non sono necessarie, le zavorre devono essere rimosse poiché comportano un aumento non trascurabile della domanda di potenza. Non solo. La corretta convergenza di macchina e aratro incide drasticamente sui consumi. Scegliere tra convergenza corta o lunga del trattore influenza gli sforzi orizzontali e verticali generati dall’aratro attaccato al trattore, modificando così la potenza necessaria alla trazione dell’utensile.
La convergenza corta, consigliata per gli attacchi flottanti consente di ottenere un miglior riporto di carico di una parte del peso dell’utensile verso il trattore, garantisce un miglior riporto di carico del peso dall’avanti alla parte posteriore del trattore e permette di avere meno peso sulle ruote o sul rullo dell’utensile.
Una convergenza lunga, consigliata per gli attacchi portati consente di ottenere una coppia di penetrazione maggiore dell’utensile nel terreno, di avere una maggiore capacità di sollevamento e di limitare gli sforzi nel sollevamento (migliore geometria dell’attacco).
Più si scava…
Un’altra fondamentale condizione da rispettare nella tutela dei consumi riguarda la profondità di lavoro, perché influenza la diluizione del residuo stesso sul fronte lavorato e quindi la sua corretta trasformazione in sostanza organica.

L’utilizzo degli aratri polivomeri a versoio, che privilegiano la velocità di avanzamento piuttosto che la profondità di lavoro, consente una buona produttività oraria e, di conseguenza, una maggior tempestività di intervento e tutela della richiesta in carburante.
Tra i vari modelli, particolare attenzione va rivolta alle versioni che consentono l’aratura fuori solco in quanto minore risulta la compattazione del terreno.
Se la scelta delle diverse soluzioni non viene calibrata coscientemente, l’operazione di aratura può facilmente incorrere in effetti svantaggiosi quali creazione di zollosità superficiale, non omogenea distribuzione dei residui colturali e fertilizzanti, scarsi rendimenti del trattore con aumento proprio del consumo di carburante.