La domanda se il motore endotermico si salverà o meno ricorre frequentemente anche nel settore agromeccanico, anche se abbiamo ribadito più volte quanto, tutti i costruttori di motori nel mercato free siano fermamente convinti he ancora per molti anni saranno le motorizzazioni a gasolio a muovere i mezzi agricoli.

Vale comunque la pene vedere quali siano le possibilità che ha il motore endotermico per sopravvivere in futuro, anche nel settore industriale visto che comunque la necessità di ridurre le emissioni inquinanti e i consumi di combustibile hanno messo, per ora, all’angolo il motore a combustione interna per il settore automotive.

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In questo contesto, proprio nell'automotive,  sono state sviluppate delle nuove strategie di combustione, con lo scopo di ridurre le emissioni e prolungare quindi la vita al motore endotermico, strategie che non si esclude possano essere allargate al settore agromeccanico in futuro.

I motori a combustione interna in sintesi

Breve ri passo di tecnica motoristica. I motori a combustione interna si dividono in motori ad accensione comandata, ovvero i motori a ciclo Otto che come combustibile utilizzano la benzina e per innescare la combustione si affidano ad una candela, e i motori ad accensione spontanea, ovvero i motori a ciclo Diesel che come combustibile utilizzano il gasolio e la combustione viene innescata grazie alla compressione della miscela.

Queste sono le due modalità di combustione principali, che hanno il grande svantaggio di emettere quantità importanti di gas inquinanti.

Con lo scopo quindi di ridurre tali emissioni sono state sviluppate strategie di combustione differenti che hanno in comune la volontà di realizzare combustioni ad alta efficienza termodinamica (in analogia ai cicli Diesel, operanti con elevati rapporti di compressione) con minime produzioni di ossidi di azoto e particolato (che invece costituiscono gli inquinanti più critici per i motori Diesel).

Se si realizza un processo di combustione che comporti sia l’assenza di miscele ricche che quella di miscele leggermente magre e si fa avvenire il processo ad alta temperatura, si può raggiungere l’ambizioso obiettivo di una combustione povera di particolato e NOx.

Il problema è che realizzare un motore che rispetti queste condizioni è molto più complesso. Vediamo perchè andando a descrivere i tre principali tipi di motorizzazioni endotermiche alternative 

Motori a combustione HCCI

La modalità di combustione denominata HCCI (Homogenous Charge Compression Ignition) ha una combustione di una carica omogenea di combustibile e comburente.

L’innesco è fornito dall’accensione spontanea e simultanea di tutta la carica una volta raggiunte le necessarie condizioni di temperatura e pressione.

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La combustione viene avviata dalla sola compressione operata dal pistone (in analogia ai motori Diesel), pur presentando un’elevata velocità di completamento (in analogia al ciclo Otto). Si può dunque considerare la combustione HCCI come la fusione di quanto avviene nei motori a ciclo Otto e Diesel.

Si cerca quindi di abbinare l’elevata efficienza dei motori Diesel alle ridotte emissioni dei motori ad accensione comandata. Tuttavia, questa strategia di combustione presenta notevoli difficoltà nell’utilizzo pratico, primo tra tutti la richiesta di una miscela pressoché omogenea in tutta la camera di combustione (condizione difficile da ottenere). Un altro limite è la mancanza di un controllo sull’avvio della combustione.

Motore endotermico: si salverà così?

Motori a combustione PCCI

I motori a combustione PCCI (Premixed Charge Compression Ignition) sono caratterizzati dalla
combustione spontanea di una miscela parzialmente premiscelata, ossia con una
stratificazione del rapporto aria/combustibile, pur priva dei picchi di miscele ricche
della combustione Diesel.

Si interpone quindi tra la combustione Diesel e quella HCCI. Al fine di ottenere una carica parzialmente premiscelata, l’iniezione del combustibile avviene in anticipo rispetto al sistema Diesel, ma non così in anticipo come del caso dei motori HCCI.

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Complessivamente si ha una combustione con Un nuovo ambiente incentrato sul conducente, per o4rire maggiore produttività e minori emissioni inquinanti, intermedie tra quelle dei motori Diesel e quella HCCI, ma con il vantaggio di essere più controllabile rispetto a quest’ultima.

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Motori a combustione RCCI

La combustione RCCI (Reactivity Controlled Compression Ignition) consiste in una combustione ad accensione spontanea di una miscela a reattività controllata, data dall’utilizzo simultaneo di due diversi combustibili.

L’obiettivo della combustione RCCI è lo sfruttamento delle caratteristiche peculiari dei due combustibili utilizzati nei cicli Otto e Diesel: uno a bassa reattività (benzina) e uno ad alta reattività (Diesel).

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Potendo controllare il rapporto tra le quantità dei due combustibili iniettati si mantiene dunque un discreto livello di controllo sull’avvio della combustione, migliorando uno dei più stringenti limiti operativi dell’HCCI.

Nei motori RCCI si ha una buona omogeneità della miscela con modeste temperature massime raggiunte, permettendo di realizzare combustioni con bassissimi livelli di particolato e di ossidi di azoto.