I fertilizzanti aumentano di prezzo di un +15% in 1 solo mese. La notizia desta preoccupazione in tutto il settore, considerando le ovvie ripercussioni sull’industria agroalimentare e anche sulla produzione di pannelli.
Le difficoltà alla navigazione ancora provocate dagli attacchi degli Houthi dello Yemen contro le navi nel Mar Rosso rischia di ostacolare anche le importazioni dall’Asia di fertilizzanti, bacino di approvvigionamento fondamentale del lavoro nelle campagne.
Secondo i calcoli di Coldiretti, in pericolo sarebbe il 15% del totale delle importazioni di fertilizzanti in Italia, per un valore di circa 200 milioni.
Il nostro Paese importa due tipi di fertilizzanti: azoto, fosforo e potassio, cioè i prodotti più utilizzati su larga scala per le grandi colture come per esempio il mais e gli altri cereali, provengono prevalentemente dai Paesi nordafricani e non sono impattati direttamente dalla crisi del Canale di Suez.
Lo sono, però dal punto di vista economico: a fronte delle difficoltà dei concorrenti indiani, che subiscono la deviazione delle rotte sul Mar Rosso, i produttori di urea egiziani e algerini sanno di avere gioco facile, per cui sono portati ad alzare i prezzi, e lo stanno già facendo.
Rialzo dei prezzi di riflesso
Più che per i mancati arrivi, dunque, la preoccupazione degli agricoltori italiani è tutta concentrata sul rialzo dei prezzi:
Le forniture dalla Cina riguardano alcuni prodotti speciali per la fertirrigazione, cioè i consumi idrosolubili che vengono utilizzati per la frutticoltura e l’orticoltura.
Con le difficoltà sul Mar Rosso, questi prodotti continuano ad arrivare sul mercato italiano attraverso la rotta dal capo di Buona speranza, ma arrivano in ritardo, e a prezzi più alti.
Ad oggi, le quotazioni dei fertilizzanti non sono ancora rincarate sensibilmente. Quelle dei sacchi per dividere il concime e metterlo in vendita, invece, sono già aumentati-
Le forniture arrivano tutte dall’India e le spedizioni sono già in ritardo.
Un sacco per il concime da 600 chili che normalmente costa 2,5 euro oggi ha già superato a listino i 4 euro.
Aumenti di oltre il 15% da inizio gennaio riguardano l’urea, che l’industria europea importa al 50% da produttori extra Ue e che nel 2022, subito dopo lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, aveva registrato rialzi del 350-400%, superando i mille euro a tonnellata, mettendo in grave difficoltà tanto l’industria agroalimentare quanto quella del legno-arredo, dato che l’urea è alla base della produzione di collanti, come la melamina, necessari per la realizzazione dei pannelli, a loro volta elemento base dell’industria del mobile.
Anche la melamina, che in larga parte arriva in Europa dalla Cina, ha registrato aumenti sensibili da inizio gennaio, sebbene inferiori al 10%.
Rischio di extra-speculazione
È evidente che la scarsità di qualche materiale o di qualche componente determina un rialzo dei valori e della speculazione che in questo momento sono solo parzialmente visibili.
Per quanto riguarda il settore agricolo, si paventa un'ulteriore crescita delle tensioni sui prezzi soprattutto per alcuni elementi derivati dalla chimica che in 20 giorni è aumentata da 320 a 380 euro a tonnellata.
Tutto questo senza che vi sia, per il momento, un aumento del prezzo del gas che giustifichi tali rialzi, conseguenza dunque dell’allungamento delle rotte attraversate dall’urea importata in Europa, prodotta prevalentemente in Medio Oriente, Cina e India.