La minor parcellizzazione terreni può essere davvero a rischio latifondismo o quantomeno di eccessiva concentrazione di terreni in mano a pochi?
Ultimamente sul web spuntano articoli che urla al catastrofico per via di una tendenza, da parte i grandi aziende agricole, banche ma anche politici e società di assicurazione che starebbero acquistando a man bassa terreni agricoli.

Questo il profilo di latifondisti 4.0, starebbero concentrando in Europa, nelle loro mani, superfici sempre più grandi di terreni agricoli. L'accusa da parte delle associazioni di settore è quella che queste "Entità" non acquistino fondi con la finalità della produzione agricola.
In realtà stiamo assistendo da anni, per on dire decenni a una generalizzata "concentrazione" delle superfici agricole che tendono, in alcuni casi, ad essere acquistate da pochi soggetti.
Le piccole Ong
Nel ultimi anni sono nati organizzazioni a tutela piccoli produttori e famiglie di agricoltori attenti a pratiche agriccole tradizionali, soprattutto bio, per promuovere invece un incremento del numero degli agricoltori/proprietari terrieri, ha proposto all'Unione europea di fissare un limite massimo di 500 ettari posseduti da un solo proprietario, che si tratti di un privato, una banca o una società per azioni.
Si tratterebbe di un modo per preservare il modello mediterraneo di produzione degli alimenti.

Multinazionali nei campi?
Sempre secondo le stime di queste organizzazioni in Europa appena 9,1 milioni di aziende agricole gestiscono 157 milioni di ettari di terra, pari al 38% dei terreni dell'Ue (dati Eurostat 2020).
Se il numero di imprese si è ridotto, visto che nel 2003 ce n'erano 15 milioni, aumenta al contempo la dimensione media di queste imprese.
La concentrazione fondiaria come motivo di preoccupazione per diversi motivi.
In primis economico: le distorsioni tipiche delle multinazionali si hanno anche nella proprietà di terreni, nel momento in cui dominano pochi soggetti.
In secondo luogo si rischia di perdere qualità nel cibo, visto che su grandi appezzamenti si tende a coltivare solo ciò che conviene di più a livello economico, abbandonando invece colture più specifiche e/o meno redditizie, ma fondamentali per la biodiversità rurale. (fonte Via Campesina)
Concentrazione o fisiologico accorpamento?
Sicuramente ci può essere un fenomeno di accaparramento che avvicina a logica latifondisti che ma in realtà il processo di concentrazione e limitazione del frazionamento e della parcellizzazione agricola è un atto da più di 20 anni.
Ed è un fenomeno che è fisiologico della struttura agroeconomica comunitaria e anche italiana, anche se nel nostro caso il processo verso l'accorpamento aziendale è più lento per le caratteristiche morfologiche di un territorio tanto differenziato (si pensi alla dimensione media aziendale del settore vitivinicolo).

L'accorpamento aziendale è anche una caratteristica che va nella direzione di una permanenza sul mercato delle aziende più strutturate e in grado di pianificare investimenti che consentano lori di aumentare la produttività abbattendo i costi di esercizio.
Le critiche di queste associazioni sono anche quelle relativa alla meccanizzazione spinta:
Tra i risultati della concentrazione c'è anche una grande meccanizzazione ed il ricorso a tecnologie "escludenti", spesso troppo complesse per personale non specializzato. A farne le spese spesso è l'ambiente, con i suoli sottoposti a stress eccessivo (...) con la distruzione di una modello tipico dei Paesi del Mediterraneo, legato a produzioni di tipo familiare con appezzamenti piccoli e diffusi sui territori.

In realtà la meccanizzazione spinta va nella direzione di massimizzazione dei fattori produttivi che significa limitazione dei costi per acquisto di fitofarmaci, fertilizzanti o di razionalizzazione delle risorse idriche o dei consumi di carburante.
Questa è la base della filosofia produttiva dell'agricoltura di precisione e del 4.0.