Micotossine e residui colturali: la tolleranza é zero.
Per applicare al meglio le tecniche conservative non bisogna lasciare nulla al caso. Per azzerare il rischio di sviluppare micotossine, i residui colturali in campo vanno gestiti ed è fondamentale la rotazione colturale.

La direzione per il futuro dell’agricoltura italiana sembra essere segnata: le tecniche conservative, nei prossimi anni, subiranno un notevole incremento.
Nella logica della multifunzionalità e della sostenibilità ambientale si stima che almeno un milione di ettari di superficie agricola in Italia potrebbe essere immediatamente convertito all’agricoltura conservativa, peraltro senza bisogno di interventi strutturali importanti sugli assetti dei suoli.
Ne conseguirebbe un risparmio in termini energetici, idrici - il terreno seminato su sodo riduce l’evaporazione e dunque taglia la domanda di acqua - e di consumo del suolo, oltre a interessanti ricadute positive sulla redditività aziendale, dato che il risparmio di carburante è stimato anche al 70 per cento.

Non solo: i costi di produzione sono tagliati anche alla voce “lavoro”, visto che lavorando meno il terreno, si riduce sensibilmente anche il costo della manodopera. Ciliegina sulla torta, gli aiuti comunita:ri la PAC e i PSR premiano chi adotta queste pratiche.
In questo scenario sicuramente entusiasmante, però, ci sono delle (sacrosante) obiezioni.
Perché se è vero che il risparmio e l’ottimizzazione delle risorse ingolosisce gli imprenditori agricoli italiani, è altrettanto verificabile il timore che queste tecniche suscitano in loro.

In altre parole, gli agricoltori vorrebbero sì tagliare i costi delle lavorazioni, ma allo stesso tempo temono che un minor numero di passaggi - e in particolar modo l’assenza della erpicatura - possa far insorgere problemi pesanti, quali lo sviluppo massiccio di infestanti e di micotossine derivanti dalla presenza dei residui colturali sui terreni.
Poche regole, ma chiare
Tale timore è più che fondato: il problema delle micotossine è concreto, ma se adeguatamente affrontato, può essere certamente minimizzato e, addirittura, azzerato.
Come? Per prima cosa, se si decide di optare per minima lavorazione o semina su sodo, è d’obbligo dimenticare l’aratro e non calpestare il terreno.

Non solo. Un’altra strategia fondamentale, è quella di tenere il terreno sempre coperto, con l’aiuto delle cover crop, che crescono veloci e sono particolarmente competitive nei confronti delle malerbe. In ultimo, non va mai persa di visa un’altra regola aurea delle buone pratiche agricole: no alla monocoltura, sì alla diversificazione colturale.
Residui in campo: da problema a opportunità
Rotazione colturale che, oltretutto, contrasta anche il problema dello sviluppo delle micotossine, in effetti possibile quando i residui colturali restano in campo.
Per non lasciare alcun dubbio, occorre fare una precisazione: è vero, anzi verissimo, che i residui colturali sui campi sono utili perché svolgono il lavoro che farebbe una pacciamatura e pertanto inibiscono le infestanti.

Ma, è altrettanto vero, che possono rappresentare una pericolosa fonte di inoculo di infezioni fungine. Per evitare che ciò accada, via libera all’applicazione di funghi antagonisti. Il resto lo farà la rotazione colturale, che non contemplando la monosuccessione cerealicola, minimizza l’eventuale trascinamento temporale dell’inoculo fungino.