L'allarme mais 2022 si è concretizzato. Quello che a inizio anno si paventava per la stagione in corso si è puntualmente avverato: drastica riduzione delle principali coltura da pieno campo con un forte iaumento dei fattori di costo produttivi, con il mais in testa, in cui sono poche le coltivazioni e i fertilizzanti troppo troppo cari.
Gli agricoltori non lo coltivano
Carenza di acqua per l’irrigazione e forte aumento dei prezzi dei concimi azotati sono le cause che inducono gli agricoltori a snobbare la coltivazione del mais, necessario all’alimentazione dei bovini e degli avicoli (galline, polli da carne, tacchini e faraone), anche sulle superfici da poco ed eccezionalmente sbloccate dall’Ue per la coltivazione.

Un quadro che riguarda tutta l’Italia ma è soprattutto in Pianura Padana che sono diminuiti gli ettari investiti a mais, e un po’ aumentati quelli coltivati a orzo e frumento, più che la soia.
Fortunatamente dopo le piogge delle scorse settimane, le semine di mais hanno dato una risposta, con piantine in buono stato vegetativo. Se ci saranno altre precipitazioni e un aumento delle temperature, avremo buone riprese. In diminuzione gli apporti di fertilizzanti, ma gran parte dei terreni ha ancora medie o buone dotazioni di forza vecchia.
Tutto si gioca ora sulla disponibilità di acqua; la migliore è quella piovana e che determinerà i quantitativi di raccolto perché tutti i terreni disponibili sono stati aerati e seminati. Sui risultati economici non sono possibili previsioni. È certo però che i cereali saranno più pagati, come sta avvenendo per il latte.

Anche sul mais impatta la guerra
A livello nazionale, secondo Coldiretti su dati Istat, gli agricoltori hanno seminato in media il -4,8% dei campi a mais, mettendo un punto di domanda sugli allevamenti e sulle forniture di latte e carne dopo gli sconvolgimenti dei mercati causati dalla guerra in Ucraina.
Le altre previsioni di semina per le coltivazioni cerealicole indicano una crescita dei terreni a orzo (+8,6%), stabilità per frumento tenero per pane e biscotti (+0,5%) e un calo del frumento duro per la pasta (-1,4%).
La rilevazione Istat però è precedente all’invasione dell’Ucraina e non tiene conto del via libera dell’Ue alle extrasemine di altri 200mila ettari per una produzione aggiuntiva di 15 milioni di quintali di mais, grano duro e tenero nei campi italiani.
Per l’ultimo «Short term outlook» della Commissione Ue sui mercati agricoli nel 2022, il raccolto di mais per l’alimentazione animale sarà 6,1 milioni di tonnellate, oltre a un altro milione di tonnellate di soia.

Il Paese resta deficitario in molte materie prime e produce appena il 36% del grano tenero, il 53% del mais, il 56% del grano duro e il 73% dell’orzo. Le previsioni Coldiretti non lasciano quasi dubbi: la produzione di mais potrebbe aumentare del 5%.
Le uniche aziende che prevedono incrementi di superfici a grano turco sono quelle con allevamenti zootecnici, che devono contenere la spinta al rialzo dei costi dell’alimentazione animale.