La trebbiatrice è tra i mezzi agricoli semoventi seconda solo al trattore come invenzione. Lungi da volerne tracciare la storia (ci vorrebbero pagine intere di descrizione per delinearne la cronistoria).

Vogliamo qui invece descrivere momenti che  hanno portato a quella fase evolutiva della mietitrebbia in cui

Il rombo del motore ha sostituito il canto corale dei contadini che ritmava il duro lavoro con la falce nei campi. La musica è cambiata, ma è cambiata anche la qualità del lavoro e della vita dei contadini

L'imprinting agricolo dell'uomo

Il lavoro dei campi ha sempre richiesto un grande dispendio di energia, tempo e fatica sin dalla preistoria. I nostri avi lavoravano duramente la terra seguendo strettamente i ritmi dettati della natura.

Gli albori della trebbiatura meccanica

La fase della mietitura dei cereali, per esempio, era senz’altro una delle più pesanti. Finalmente dopo millenni di duro lavoro di braccia, a metà del 1700 l’inventore scozzese Michael Menzies, per alleviare l’enorme fatica dei contadini nei campi, ideò il prototipo di una trebbiatrice azionata da una ruota idraulica.

Dopo vari tentativi, con alterni successi, vedremo operativa la prima vera e propria trebbiatrice di Andrew Meikle nel 1786.

Bisogna però aspettare la fine del 1800, per veder rivoluzionato il mondo agricolo. Quello che per noi è la normalità, solo poche decine di anni fa era fantascienza. Immaginate lo stupore e la meraviglia di un contadino di quegli anni messo di fronte ad una mietitrebbia di ultimissima generazione.

Gli albori della trebbiatura meccanica

Senza dubbio avrebbe creduto di essere stato catapultato in una di quelle avventure fantastiche che si narravano nelle fredde sere invernali davanti al fuoco. A quei tempi, durante il periodo della raccolta, i mietitori lavoravano dall’alba al tramonto organizzati in squadre composte da più persone. Questa fase del lavoro veniva accompagnata da canti popolari che ritmavano i movimenti e alleviavano la fatica.

La mietitura avveniva manualmente, impugnando con una mano la falce e raccogliendo con l’altra le piante mature in mazzetti. Una persona addetta raccoglieva poi i mazzetti, li legava, affastellandoli in grandi covoni lasciati al sole per permettere alla spiga di essiccare.

L’essiccazione durava alcune settimane, poi si passava alla fase finale della trebbiatura, operazione che veniva effettuata anch’essa manualmente  utilizzando per esempio bastoni snodati per percuotere il grano, da cui il termine “battitura del grano”, e separare così il chicco dalla spiga.

L’evoluzione della meccanizzazione agricola

Il 1800 fu testimone di un vero e proprio fermento nel campo della meccanizzazione agricola. Marchi storici tutt’ora presenti come la McCormick e la Hussey & Co. produssero le prime mietitrici meccaniche, a trazione animale prima e a trazione meccanica poi. La mietitrice semplice che era composta da lama, aspo, rulli e teli, eseguiva il taglio dei fusti del grano, disponendoli a terra a fianco della barra falciante a formare un’andana continua.

Gli albori della trebbiatura meccanica

La macchina era seguita a piedi da un operatore che successivamente legava i covoni. L’aspra competizione nella ricerca dell’innovazione tra i produttori di Nord America, Canada, e Stati Europei ha dato come risultato l’evoluzione della mietitrice in mietilegatrice, rendendo possibile  la diffusione di questi macchinari in tutto il mondo. La mietilegatrice aveva aggiunto a bordo il “legatore” che, quando il covone aveva raggiunto la giusta dimensione entrava automaticamente in funzione, lo legava e gli espulsori lo scaricavano a terra.
L’introduzione della Trebbiatrice.

Il 1856 vede realizzati i primi progetti di macchine per la trebbiatura meccanica, seppur rudimentali. Macchine strutturate molto semplicemente e azionate manualmente o con l’ausilio di animali da lavoro.

L'arrivo del motore a vapore

L’evoluzione che segue è molto rapida e si arriva presto alle prime trebbiatrici azionate da motori a vapore, fissi o semoventi, collegati alla trebbiatrice tramite una trasmissione a cinghia di cuoio.

La trebbiatrice si presentava come un cassone di legno fissato su un carro munito di quattro ruote, lungo circa sette metri, di un vistoso colore arancione, con pulegge montate sugli assi sporgenti dai lati. I due organi di base sempre presenti in qualsiasi versione sono il battitore e il controbattitore che servono a separare il seme dalla paglia e dalla pula.

Gli albori della trebbiatura meccanica

Il battitore è composto da un tamburo rotante dotato di scanalature e da una griglia fissa. Nel passaggio della pianta tra il battitore e il controbattitore, la spiga viene frantumata e passando attraverso i vari scuotitori e crivelli, il grano è separato dalla paglia e dalla pula e viene convogliato verso l’uscita dove verrà raccolto in sacchi o contenitori.

La paglia invece, viene convogliata e raccolta a sua volta  per essere conservata in balle ed utilizzata come lettiera per il bestiame. Nella trebbiatrice venivano infatti introdotti i covoni di cereali e si ottenevano già divisi paglia, pula e semi.

Il macchinario poteva fuzionare tramite una macchina a vapore o un trattore oppure in seguito un motore elettrico. Per il funzionamento della trebbiatrice, l’equipaggiamento utilizzato:  scala, scaletta e carretto dei lubrificanti, della legna e dei carburanti, necessitava di molte persone addette. Anche le donne venivano coinvolte in questa attività trasportando sul capo i covoni avvolti in grossi teli.

Arrampicandosi sulle scale a pioli li consegnavano agli uomini che ne formavano grandi cordelli o biche. La base della bica era costituita da covoni con le spighe rivolte all'interno, in cima invece, i covoni avevano le spighe rivolte all'esterno, in modo da ottenere due spioventi che facilitassero lo scolo della pioggia.

Gli albori della trebbiatura meccanica

Altri uomini erano addetti all’alimentazione della macchina, prelevavano i covoni dalle biche con l’aiuto dei forconi, predisponendoli poi sulla piattaforma della trebbiatrice. Gli steli di grano, liberati dallo spago che li legava, venivano fatti scorrere in modo uniforme nel battitore della trebbiatrice dall’esperto “imboccatore”per evitare che il macchinario si inceppasse. Il ciclo terminava con il trasporto del grano, in grandi sacchi, dalla trebbiatrice al granaio. Il suono della sirena azionata dal trattorista scandiva l’inizio dei lavori, le pause e la conclusione dell’attività. 

A chiusura del raccolto su ogni campo di grano potevano intervenire le “spigolatrici” a raccogliere le spighe cadute durante la mietitura. La spigolatrice, figura ormai scomparsa, ripercorreva in lungo e in largo il campo alla ricerca di ogni spiga sfuggita alla mietitura. Il grano ottenuto da quest’ultima meticolosa ricerca era da considerarsi totalmente di sua proprietà. Apporto di gran valore alla magra economia familiare.

Arriva la vera mietitrebbia

La mietitrebbia è il risultato dell’unione di tutti gli elementi già citati: gli organi e gli apparati di taglio, di trebbiatura, di selezione e di scarico della paglia che combinati e riuniti su uno stesso telaio, vanno a comporre un complesso puzzle.

La parte frontale svolge il lavoro di mietitura, con un aspo rotante che spinge il raccolto verso la barra falciante. Tramite l’elevatore a nastro la pianta recisa viene convogliata nel battitore, parte centrale del macchinario che ha funzione di trebbiatrice.

Con movimenti oscillatori prodotti dai vagli vibranti e getti d’aria, la paglia e la pula vengono separate dalla granella e poi espulse dallo scuotipaglia. La granella invece, viene convogliata attraverso la coclea di raccolta in un serbatoio che una volta colmo verrà svuotato regolarmente travasando il grano nel cassone di un camion opportunamente posizionato di fianco alla mietitrebbia.

Gli albori della trebbiatura meccanica

Non dobbiamo infine sottovalutare anche l’evoluzione estetica di questi giganti. Rimaniamo a bocca aperta di fronte al loro design futuristico, alle linee armoniose e alla ricercatezza dei dettagli, così all’avanguardia da sembrare astronavi.

I risultati raggiunti dalla moderna meccanica in questo ultimo secolo sono così straordinari e inimmaginabili che potremmo difficilmente pensare ad ulterioni innovazioni. Ma non è così. Questo è solo l’inizio di un’incredibile avventura.

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