Loietto, o loiessa che dir si voglia, è una coltura diffusissima in tutta Italia che potrebbe essere la rivelazione per la campagna 2023. Una buona gestione della concimazione può prevenire gli attacchi dei patogeni. Perfetta come foraggera, può essere anche un’interessante coltura da sovescio.

Ettaro più, ettaro meno, sono poco meno di 65mila gli ettari di Lolium multiflorum che si coltivano in Italia.

Loietto: è la foraggera perfetta per il 2023?

E, nonostante ci siano regioni più vocate di altre, si può senz’altro affermare che si tratta di una coltura presente al Nord come al Sud, passando per il Centro e le Isole.

D’altro canto la loiessa è stata introdotta proprio in Italia, nella Valle Padana, da cui poi si è diffusa in Europa e anche in altri continenti.

La ragione della sua diffusione è presto detta: è una Graminacea (o Poacea, se si preferisce) che si presta molto bene come pianta da erbaio, tanto da essere una delle graminacee di maggior impiego.

Bene per foraggio

Il suo principale utilizzo è noto: la loiessa è il foraggio più diffuso nell’alimentazione animale. Viene da sé che la maggiore estensione produttiva si avrà nelle zone in cui sono presenti un maggior numero di stalle.

In pratica, quindi, il loietto è una specie tipica da sfalcio e si presta a forme diverse di utilizzo, quali il foraggio verde per consumo diretto, il foraggio da insilare e il foraggio da affienare.
Dal punto di vista botanico, si tratta di una specie annua o biennale, che raggiunge un’altezza compresa tra i 40 e i 100 centimetri, a cespi eretti che non fanno tappeto.

Loietto: è la foraggera perfetta per il 2023?

Al gruppo dei logli appartengono tre specie prative, Lolium perenne, Lolium multiflorum e Lolium rigidum. Il L. perenne è quello che presenta le migliori prestazioni per realizzare un tappeto erboso.

È riconoscibile per la colorazione rosso-violacea alla base del culmo, caratteristica di tutte le varietà, che possono avere foglie glabre più o meno larghe, offrendo così prati più o meno raffinati.
Il Lolium multiflorum (noto anche come loietto italico), invece, si differenzia dal loietto perenne per il maggior vigore, per le foglie più larghe con orecchiette e ligule più pronunciate, e per le spighette aristate. Oltre alle forme tipicamente annuali indicate per gli erbai, esistono forme biennali adatte anche per prati di breve durata.

Il suo impianto è facile, rapido e le rese sono notevoli. Per quanto riguarda il clima non ci sono situazioni particolarmente avverse alla coltivazione della loiessa: il clima temperato è senza dubbio la scelta migliore – al contrario delle alte temperature e dei prolungati periodi di siccità – ma non ci sono problemi se la stagione invernale dovesse presentarsi particolarmente rigida.

Loietto: è la foraggera perfetta per il 2023?

Dunque, in sintesi, il loietto italico è caratterizzato da rapidità di insediamento e aggressività che lo portano a dominare nei miscugli, ma anche da precocità di produzione, e da attitudine a rispiegare ripetutamente con conseguente facilità di disseminazione a vantaggio della persistenza della coltura.

Talvolta il loietto viene consociato con il trifoglio violetto; più spesso, nei prati irrigui, con il trifoglio bianco, ma in genere tende a prendere il sopravvento sulle leguminose. Per tale motivazione, nei miscugli polifiti, dove la loiessa viene normalmente impiegata per rinforzare il primo ciclo produttivo, conviene limitarla nella quantità.

Diploide o tetraploide?

Senza volerci addentrare in particolari genetici, è doveroso ricordare che, in base al corredo cromosomico della pianta, si possono distinguere due tipologie di loietto: quello diploide (2n) e quello tetraploide (3n).

In termini di resa agronomica, si tenga in considerazione che le varietà diploidi si presentano con fusti e foglie più sottili, nodi meno pronunciati. In altre parole hanno taglia e dimensioni più contenute e presentano minore umidità negli steli. Tali varietà si adattano molto bene alla fienagione e all’insilamento. Il peso di 1000 semi oscilla tra 2,0 e 2,5 grammi.

Loietto: è la foraggera perfetta per il 2023?

Le varietà tetraploidi, invece, si presentano particolarmente vigorose e con steli più grossi, foglie larghe e lunghe. Data la notevole presenza di acqua, queste varietà si adattano meglio alla foraggiata verde e all’insilamento previo pre-essiccamento in campo. Il peso di 1000 semi è compreso tra 2,5 e 3,0 grammi.

Quanto alle varietà - che si distinguono in alternative e non alternative - oggi sono numerose quelle disponibili: tanto per dare la dimensione numerica, si consideri che in Europa se ne conoscono circa 250, di cui più di cinquanta iscritte nel catalogo italiano. Ovviamente questa disponibilità di varietà porta con sé almeno un vantaggio da non sottovalutare: permette infatti di coprire una gamma di precocità di circa due settimane.

Si semina cosi

Tradizionalmente il letto di semina si prepara con le classiche lavorazioni: estirpatura, aratura, e via dicendo. È anche possibile procedere con lavorazioni più leggere, dipende molto dalle condizioni in cui si trova il terreno.

Il loietto predilige i terreni di medio impasto, freschi e profondi, mentre non ama quelli argillosi e tenaci, cosi come non sono particolarmente adatti quelli sabbiosi e aridi. Per quanto riguarda l’epoca di semina, un grande classico è la semina autunnale: in questo caso si ottengono 1-2 sfalci primaverili.

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Negli ambienti irrigui la semina può essere anticipata a fine agosto o ai primi giorni di settembre: in questo caso si ottiene uno sfalcio nel tardo autunno.

Meglio procedere con la semina meccanica, ma si può anche seminare a spaglio. Dopo di che, si rulla il terreno. La profondità di semina deve essere di 1,5-2 centimetri e le dosi consigliate di semina per l’erbaio monofita sono di 25-35 kg/ha per le varietà diploidi e di 30-35 kg/ha per le varietà tetraploidi.

Per le semine tardive o per quelle effettuate a spaglio, dicono gli esperti, è consigliato aumentare le dosi di semina del 30-50 per cento.

Come e quando concimare

La loiessa dà il meglio si sé in condizioni di elevata fertilità: per fare si che ciò avvenga, è necessario che sia presente una buona disponibilità di azoto. Sono pertanto consigliati apporti azotati molto abbondanti (150-200 Kg/ha di Azoto). Va anche detto che tuttavia occorre fare attenzione a non eccedere nelle concimazioni azotate: solo in questo modo si possono scongiurare possibili allettamenti.

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Detto questo, la concimazione, specialmente quella azotata, è consigliabile nel primo periodo con dosi di 50-100 kg/ha di azoto ed eventualmente, se necessarie, dosi di fosforo e potassio. A tal proposito, si consideri che, secondo le disponibilità dei vari terreni al momento della semina, possono essere utili anche apporti di Fosforo e Potassio in tenore di 100-120 kg/ha.

Come utilizzarlo

La loiessa è un’ottima graminacea foraggera, molto produttiva e aggressiva nei confronti delle malerbe; risponde molto bene alle concimazioni e alla fertilità del terreno.
Produce un ottimo foraggio con elevate caratteristiche nutrizionali e, soprattutto, molto appetibile da parte degli animali.

Tra i suoi punti di forza non si può non annoverare la versatilità: la loiessa è infatti una specie da sfalcio molto versatile, che si presta a diverse forme di utilizzazione.

La prima forma di utilizzo è il foraggio verde, da utilizzarsi per consumo diretto. Con varietà molto precoci e in ambienti caldi, può avere inizio anche nella prima decade di aprile e protrarsi fino all’inizio della spigatura.

Loietto: è la foraggera perfetta per il 2023?

La seconda forma di utilizzo è la fienagione. In questo caso, il momento della raccolta è strettamente correlato alle condizioni meteorologiche. Generalizzando si può però affermare che il momento ideale è la piena spigatura, quando si ha un giusto rapporta fra qualità del foraggio e quantità di sostanza secca.

La terza forma di utilizzo è il foraggio da insilare. In questo caso il momento ideale per l’insilamento è l’inizio della spigatura, perché è in questa fase che si ha un maggior tenore di proteine, di zuccheri e la fibra è più digeribile. Bisogna però stare attenti all’umidità: se troppo elevata, potrebbe creare problemi di conservazione, per cui si rende necessario un pre-appassimento in campo per circa un giorno.

L’opportunità del sovescio

Chi lo ha detto che per il sovescio occorre utilizzare solo leguminose? In realtà sono diverse le colture da sovescio non leguminose – e la loiessa rientra a pieno titolo tra queste – che sono perfettamente in grado di apportare al terreno elementi nutritivi, tra i quali l’azoto.

La loro funzione è quella di assorbire dal terreno le molecole già presenti nel suolo o che si rendono via via  disponibili con il processo di mineralizzazione, di trattenerle nei tessuti vegetali e, dopo l’interramento, di metterle a disposizione delle colture successive. In questo modo, le colture da sovescio riducono le perdite di sostanze nutritive al di fuori del sistema colturale, “riciclandole” nell’ambito della rotazione.

Per i sovesci di specie non leguminose, un aspetto importante è l’efficienza nell’asporto di azoto, parametro che varia a seconda della specie utilizzata e del periodo in cui viene coltivata. Le graminacee, ad esempio, sono molto efficaci nell’assorbire grandi quantità di azoto. L’azoto così catturato, una volta interrato il sovescio, sarà a disposizione per le colture successive, grazie all’azione dei microrganismi presenti nel terreno.

Oltre all’azoto, i sovesci autunno-vernini favoriscono il recupero dal suolo di altri elementi nutritivi, come il fosforo ed il potassio. Anche questi nutrienti si renderanno disponibili alla coltura successiva, durante i processi di decomposizione della biomassa vegetale.
Per quanto riguarda la specie, i residui delle graminacee (loiessa, segale, ecc.) hanno mediamente un rapporto C/N elevato e pertanto decompongono lentamente, rilasciando gradualmente gli elementi nutritivi di cui sono composti si tenga conto che, soprattutto nelle regioni del Nord Italia, una caratteristica richiesta alle specie utilizzate per i sovesci autunno-vernini è la resistenza al freddo.

Per queste ragioni, alcune specie – tra cui la loiessa - sono più adatte a questa pratica rispetto ad altre. Tuttavia, però, i migliori risultati possono essere ottenuti da un miscuglio di diverse specie, ad esempio di graminacee e leguminose, poiché si combinano i vantaggi e gli svantaggi delle singole specie utilizzate.

Occhio ai patogeni

Gli aspetti negativi, comuni a tutte le varietà, sono la vulnerabilità al ristagno d’acqua e a due patogeni fungini, Puccinia coronata che influisce sull’aspetto estetico (provoca pustole giallo-rosso-brune sulle foglie) e sulla durata del prato, e Corticium fuciforme – il così detto filo rosso -la cui azione è purtroppo letale.

Loietto: è la foraggera perfetta per il 2023?

Si può però tentare di prevenire: il filo rosso è infatti favorito da un'insufficiente concimazione azotata e potassica, da periodi di prolungata bagnatura fogliare, da zone d'ombra e da specie poco resistenti come le festuche e i logli.

Con una buona gestione si può quindi ridurre il rischio d'attacco.