Il cambio, l'organo che più di altri nel trattore può in ogni condizione di lavoro contribuire all’aumento di produttività e alla riduzione dei consumi.

Il trattore agricolo, del resto, è in continua evoluzione e con tempi di introduzione della nuova tecnologia molto ridotti rispetto al passato. Tanto ha fatto l'elettronica, i cui tempi di obsolescenza sono molto ridotti rispetto a quelli della meccanica.

Implementare un software ha tempi di ricerca e sviluppo e costi drasticamente inferiori rispetto all'innovazione sulla meccanica pura.

La storia del cambio sul trattore

Attualmente nell’individuazione delle componenti su cui si sta cercando di evolvere maggiormente il trattore agricolo c' di sicuro la driveline, in particolar modo per tutto quello che concerne il controllo e l'automatizzazione della trasmissione.

Se, semplificando si può dire che motori e idraulica hanno raggiunto un livello elevato ed equiparabile tra i vari competitor, le trasmissioni possono influire in termini significativamente positivi e/o negativi rispetto ai consumi e alla produttività dei cantieri di lavoro.

I significativi miglioramenti apportati da queste evoluzioni tecnologiche del sistema di trasmissioni rispetto agli obiettivi agricoli, che le vede impiegate fino alle massime potenze oggi presenti sul mercato, hanno, dove possibile incrementato la sperimentazione di ottenimento di condizioni di utilizzo teoricamente e potenzialmente ancora più efficaci.

In principio fu la leva

E' fondamentalmente questo il motivo per cui il cambio di un trattore è ancora oggetto di ricerca, che ha come obiettivo principali il miglior adeguamento della macchina alle diverse condizioni di impiego e la riduzione di tempi morti e un aiuto nella salvaguardia dei consumi.

I cambi meccanici tradizionali attuali, sono molto diversi da quelli “primordiali“ di alcuni anni fa. Oggi di serie sono dotati di sincronizzatori, velocità più numerose e inversore. Restano soluzioni economicamente valide ecco perchè trovano ancora applicazioni sulle macchine di bassa potenza. Nelle medie e alte potenze sono molto diffuse tipologie di trasmissione denominate powershift che consentono cambi di marcia sotto carico.

La storia del cambio sul trattore

Nella configurazione “full” consente di variare la velocità di avanzamento tramite un interruttore. Il grosso vantaggio del powershift, è l'evitare l’arresto della trattrice per cambiare velocità, consentendo la prosecuzione continua dell’attività svolta adattando la trattrice al variare delle condizioni di lavoro in termini di regime di giri, velocità e conseguentemente consumi e produttività, nonché contenimento dei tempi non produttivi. Tutto questo migliora le condizioni di comfort.

Poi arrivò il CVT

Parallelamente all’evoluzione del powershift, i costruttori hanno impegnato risorse ingenti in ricerca e sviluppo di trasmissioni a variazione continua (CVT, Continuously Variable Transmission). Il cambio CVT rappresenta forse una delle più alte espressioni di know-how agromeccanico. A conferma di ciò si evidenzia che dalle medie potenze a quelle massime disponibili oggi sul mercato sono presenti trasmissioni CVT proposte alternativamente a trasmissioni powershift.

La storia del cambio sul trattore

Il cambio a variazione continua esprime le migliori condizioni di utilizzo del trattore anche se in alcune utilizzazioni agromeccaniche possono arrivare addirittura ad annullarsi rispetto al powershift.

I costi iniziali, tanto per cominciare

Nella disamina su quale possa essere la trasmissione migliore da impiegare sul trattore agricolo una premessa gioca un ruolo fondamentale. La tecnologia ha un costo dato dalla maggiore complessità tecnica: un cambio a variazione continua incide per circa un 15% in più sul trattore rispetto ad un powershift.

Una cifra anche sostenibile se i vantaggi fossero costanti per ogni condizione di utilizzo. La logica è sempre quella dell'aumento della produttività: i risparmi derivati dai potenziali vantaggi di una trasmissione ottenibili nella vita della trattrice potrebbero compensare i maggiori costi iniziali.

Dipende tutto dal cantiere

Seguendo il parametro dell'aumento di produttività è necessario entrare nel merito della fase operativa delle macchine, per cui è necessario considerare anche la fascia di potenza.

La storia del cambio sul trattore

La produttività espressa dai cantieri di lavoro sia di consumi per unità di superficie lavorata sia di affidabilità negli anni, potrebbe svelare infatti che il teorico potenziale miglioramento della CVT, rispetto ad un powershift, si verifichi limitatamente a talune attività.

La differenza la fa la Pto

Per le attività svolte dalle trattrici con potenza di 160 e 200 CV circa, formanti cantieri con attrezzature e macchine trainate portate o semiportate azionate e non da Pto, si notano significative variazioni tra CVT e full powershift soprattutto nelle operazioni di fine campo e durante le variazioni di carico lavorativo.

La storia del cambio sul trattore

Queste variazioni si devono alla possibilità di mantenere costante il regime di giri della Pto indipendentemente dalla variazione di velocità e direzione e nelle svolte. Se la lavorazione dipende dalla Pto le variazioni di giri degli organi lavoranti è inoltre minore e si gestiscono meglio picchi e variazioni di intensità di lavoro.

Per questa fascia di potenza, le attività di aratura e ripuntatura che si svolgono senza l’utilizzo della Pto, la CVT potrebbe non evidenziare apporti utili a miglioramenti significativi rispetto ad un full powershift.

Trasporto? Serve fluidità

Per i trattori di elevata potenza, oltre 300 CV, chiamati a svolgere per lo più le lavorazioni principali del terreno (aratura, ripuntatura, estirpatura con erpici a dischi e/o molle da 5 m, erpice rotante da 6 m) e saltuariamente trasporti su strada (dumper da 200 qli) interessate è proprio l'attività di trasporto, dove la differenza la fanno i tempi di percorrenza a fronte della maggiore velocità espressa in percorsi di sterrato con fondo irregolare e tortuoso che obbligano a continue variazioni di velocità meglio gestite dal cambio Cvt.

Apprezzabile nei cambi powershift la modalità di trasporto e trasferimento che automaticamente innesta le marce ad attenuazione del divario con i cambi a Cvt rispetto alla fluidità della guidabilità.

La storia del cambio sul trattore

È interessante notare che spesso la scelta di utilizzare potenze appropriate ai bisogni può pagare più della tecnologia innovativa. Ad esempio in condizione di trasporto a massima portata se i trasporti vengono effettuati con le macchine da 200 CV (tara ridotta) dotate di Powershift, i consumi e i tempi di percorrenza si riducono fino a oltre il 25% rispetto all’utilizzo delle trattrici da oltre 300 CV.

Conta la dimensione aziendale

In definitiva la CVT offre vantaggi non trascurabili in termini operativi, ciò anche per la non più necessaria azione del pedale della frizione in fase sia di variazione di marcia sia di arresto del mezzo, nonché per il fatto che si mantiene costante il regime di rotazione del motore pur con carichi e velocità variabili.

I dubbi rimangono sulla possibile e vantaggiosa utilizzazione su trattori di media potenza utilizzabili nelle aziende medie e piccole che costituiscono ancora la caratteristica dominante della nostra agricoltura.

La tipologia dei lavori che sono chiamati a svolgere tali trattori è normalmente abbastanza limitata nel numero e nelle esigenze operative. Di conseguenza i trattori impiegabili non richiedono così complesse e costose soluzioni essendo le velocità normalmente utilizzate ampiamente coperte dal cambio meccanico.

La storia del cambio sul trattore

Ciò anche perché in queste aziende i trattori difficilmente raggiungono le 300 ore/anno di utilizzo. Pertanto, se è vero che soluzioni più sofisticate aiutano e semplificano la vita all’operatore, è altrettanto vero che esse costano assai di più – a pari potenza espressa – di queste semplici soluzioni di cui si è parlato. Incidono, di conseguenza, negativamente sul bi- lancio delle aziende stesse.

Per grandi aziende agromeccaniche chiamate a lavorare in diverse realtà con operatrici spesso richiedenti velocità di lavoro molto specifiche e assai differenziate all’interno della gamma di velocità di avanzamento compresa fra minimi prossimi a zero e massimi per il trasporto su strada.

Si tratta di vantaggi non trascurabili in termini operativi, ciò anche per la non più necessaria azione del pedale della frizione in fase sia di variazione di marcia sia di arresto del mezzo, nonché per il fatto che si mantiene costante il regime di rotazione del motore pur con carichi e velocità variabili.

CVT, semplicemente geniale

Nate verso la fine degli anni ’90 le trasmissioni a variazione continua consentono di variare il rapporto di trasmissione con continuità e pertanto consentono una variazione continua della velocità di avanzamento, ma soprattutto consentono di far lavorare il motore nel punto di funzionamento di massimo rendimento indipendentemente dalla velocità di avanzamento del trattore e del carico applicato.

La CVT o IVT (Infinitely Variable Transmission) è realizzata con l’accoppiamento di una parte meccanica basata su gruppi epicloidali e di una parte idrostatica che funge da supporto a completamento della funzione svolta dalla prima. Con la CVT si arriva a coprire con continuità tutta la gamma di velocità da zero a 40 km/h.

La storia del cambio sul trattore

Pur con le dovute differenze le varie soluzioni proposte dai diversi costruttori hanno una base comune, covvero un circuito basato sulla suddivisione della potenza fra un gruppo epicicloidale e un cambio idrostatico. Il primo, come è noto, è un cambio con ingranaggi sempre in presa costituiti da una corona, un pignone centrale e un mozzo porta satelliti.

Questi sono in presa sia con la corona, realizzata con dentatura interna, sia col pignone. Bloccando, volta a volta, l’una o l’altra di queste parti, oppure due delle tre componenti, è possibile realizzare diversi rapporti di trasmissione e di senso di rotazione dell’albero di entrata rispetto a quello di uscita.

Il cambio, idrostatico, invece, è un sistema in grado di trasmettere la potenza giocando sull’energia di pressione idraulica da un elemento primario (la pompa) a un elemento secondario (il motore). Entrambi sono dotati di sistema di inclinazione variabile dei relativi piatti che contrastano una serie di pistoni.

Continuano anche con la “continua”

Delle trasmissioni sotto potenza si è già detto tutto. Il grosso vantaggio del cambio power-shift, è quello di consentire l’innesto delle marce sotto carico eliminando completamente il problema della fermata della macchina durante la cambiata, riducendo le difficoltà di guida in particolar modo nelle situazioni critiche.

La trasmissione power-shift ha il grande vantaggio di avere un’architettura modulare che permette di utilizzare alcuni componenti di una trasmissione in altre simili, con conseguenti vantaggi nello sviluppo di nuove trasmissioni. Per questo motivo i costruttori in questi anni non hanno abbandonato la ricerca su queste trasmissioni nonostante si siano diffuse quelle a variazione continua.

La strada “doppia”

Sull’onda degli studio di Cvt e powershift sono state sviluppate le trasmissioni a doppia frizione.

Questa tipologia di trasmissione è stata introdotta per la prima volta nelle auto da competizione per aumentare la velocità della cambiata, questa tipologia è arrivata anche nell’agricolo per combinare i vantaggi delle trasmissioni a variazione continua con quelli di una trasmissione meccanica, e in particolare la facilità d’uso dei trattori a variazione continua con l’efficienza di una trasmissione meccanica.

La trasmissione a doppia frizione è costituita da un albero primario connesso all’albero motore attraverso la frizione principale, e due alberi secondari sui quali sono presenti le ruote dentate delle marce, ciascuno dei due azionato attraverso una frizione. In uno dei due alberi sono presenti tutte le marce pari, mentre nell’altro tutte le marce dispari.

Quando è inserita una marcia, nell’altro albero viene preinserita una delle due marce adiacenti (quella superiore o quella inferiore) attraverso lo spostamento del corrispettivo manicotto. Questo è possibile in quanto solo una delle due frizioni è innestata, oltre ovviamente a quella principale.

La storia del cambio sul trattore

In funzione del regime motore, la centralina del motore determina la marcia da preinnestare: quella adiacente superiore ovvero quella inferiore. Quando le condizioni sono ottimali per cambiare marcia, viene staccata la prima frizione e innestata la seconda, permettendo così una cambiata dolce.