Dalla mototrivella prescinde la perfetta palificazione per il vitigno che verrà. È fondamentale scegliere l’attrezzatura più adatta alle proprie esigenze, con un occhio di riguardo alle necessità di manutenzione.
Normalmente, l’anno che segue quello della messa a dimora, nel vigneto si procede alla messa a dimora dei pali di sostegno. La scelta e installazione dei pali è una fase tutt’altro che secondaria.
Con il termine palificazione, infatti, si intende l’inserimento di pali in acciaio detti interfilari e di pali in calcestruzzo precompresso detti capotesta.
I primi, che vengono disposti lungo le file ad intervalli regolari, hanno la funzione soltanto di sostegno ai fili d’acciaio, mentre i secondi, che vengono posizionati soltanto alle estremità di ogni filare, hanno la funzione di resistere alla tensione impressa agli stessi fili.
Del resto l’offerta è varia. Si va dai tutori di cemento precompresso, ai pali di legno fino a quelli in acciaio. Sicuramente tra i più diffusi in ragione di prezzo e disponibilità ci sono i due ultimi tipi.
Quando si parla di legno si indica un materiale autoclavato e garantito all’usura dalla ditta fornitrice mentre quando i pali in acciaio sono strutturati come profilati più o meno variabili a seconda della ditta fornitrice e garantiti nel tempo (circa 30 anni).
Il numero di pali per ettaro varia in funzione delle densità di piantagione anche se di solito i tutori si posizionano ogni 5-6 m.
I tutori in legno sono certamente esteticamente e visivamente più gradevoli di una distesa di pali di acciaio che si caratterizzano per un numero di accessori, come traversine o altri dispositivi necessari per sostenere i fili (ganci laterali), decisamente superiori. I tutori in acciaio, data la buona flessibilità sono particolarmente raccomandati per la raccolta meccanica delle uve.
La trivella è il miglior compromesso
Il posizionamento dei pali molto spesso avviene con con piantapali attaccate ai tre punti del trattore. Molto diffusa è la loro collocazione tramite trivelle se i pali di legno è possibile metterli con a mano con trivelle.
La mototrivella è uno strumento indispensabile per la realizzazione dei vigneti, palizzate e recinti, nonché per la messa a dimora delle piante di grandi dimensioni. Bastano pochi accorgimenti per sfruttare appieno tali macchinari in tutta sicurezza.
Assicura una palificazione corretta e duratura, ma il suo acquisto ha senso solo se si deve impiantare un numero elevato di pali. Per le piccole perforazioni (quali vigneti, filari o recinti di modeste dimensioni), i terreni morbidi o argillosi e i piccoli lavori individuali è consigliata una trivella di media cilindrata (dai 40 ai 60 cm3), che ha i comandi gestibili con una sola mano.
L'agricoltore che deve invece operare su terreni particolarmente duri, che necessitino dell'opera di due persone con la stessa trivella, farà meglio a orientarsi verso i modelli professionali di grande cilindrata (dai 70 ai 90 cm3), dotate di doppio manico e invertitore di marcia.
Tali modelli professionali possono essere utilizzati anche con punte di diametro minore, tramite la riduzione compresa nella mototrivella. Ci sono infine alcune operazioni che richiedono per forza l'utilizzo di una macchina professionale, e dunque il ricorso a un'azienda specializzata nel caso si possieda una piccola o media azienda agricola. ci riferiamo al caso della messa a dimora di uno o più alberi di grandi dimensioni, di una recinzione da impiantare nel cemento o di un buco per sistemare un tubo da allacciare ad una rete idrica o elettrica.
Che trivella scelgo?
Acquistare il modello di mototrivella più adatto alle proprie esigenze è essenziale per una corretta palificazione sia in frutticoltura che in viticoltura, in quanto da un’ottima palificazione vengono sostenute le piante soprattutto nel caso di utilizzino portainnesti con un debole ancoraggio.
Se la palificazione è adeguatamente rinforzata, essa può sostenere anche le reti antigrandine e ombreggianti e le linee degli impianti di irrigazione a goccia o a spruzzo. Per quanto riguarda i pali, sono sempre più comuni quelli realizzati in cemento armato vibrato e precompresso, che rispetto ai pali in legno sono più pesanti ma anche più resistenti ed economici.
Un palo in legno, infatti, seppure sia bello esteticamente, costa il doppio rispetto ai modelli in acciaio e cemento che, oltre ad essere più adatti alla meccanizzazione nel vigneto sono meno soggetti al deterioramento.
Il discorso del filo
I fili più diffusi sono quelli di ferro zincato galvanizzato con resistenza alla trazione pari a 40 kg/mm, ma una seconda scelta piuttosto comune è quella dei fili in ferro ricoperti di plastica (che serve a impedire la ruggine).
Questi ultimi costano però mediamente il 20% in più rispetto ai primi. Altri elementi essenziali per una corretta palificazione sono i sottopali (che impediscono l'interramento del palo) e le ancore (di cemento o di ferro, per ancorare saldamente al terreno la palificazione ed evitare che essa cada in caso di temporali o grandine).
Un cinquantino da primato
Il motore che aziona la trivellla è generalmente a scoppio a 2 o 4 tempi, quest’ultimo capace di basse emissioni di scarico. Il 2 tempi è sempre meno diffuso.
Con il 4 tempi viene evitata la scomodità della preparazione della miscela e i relativi errori nella sua preparazione. Inoltre l’operatore non respira i fumi degli oli combusti e di miscela non bruciata.
È poi maggiore la facilità di messa in moto grazie al decompressore automatico interno del motore, con partenze istantanee e pronte anche a condizioni climatiche difficili. La cilindrata è generalmente di 50 cc, il cambio mono e il senso di rotazione è orario (a patto che non sia presente l’inversore di moto indispensabile per i terreni ostici).
La velocità di punta è attorno ai 150-180 giri/minuto, con un peso a secco di 10 kg inclusa la frizione centrifuga. La struttura del propulsore è a cilindro cromato, il carburatore con adescamento facilitato. L’albero motore e la biella sono forgiati in acciaio.
I comandi motore vengono riuniti in modo da essere azionati da una sola mano e ne fanno la soluzione ideale per lavori individuali.
L'impugnatura è di solito molto comoda e asimmetrica per la massima controllabilità. Il gruppo riduzione (rapporto di riduzione è quasi sempre di 35:1) è in bagno d'olio, dotato di vite senza fine in acciaio speciale, il tutto montato su cuscinetti a sfere; queste soluzioni assicurano al gruppo trasmissione una lunga durata e intervalli di manutenzione molto lunghi.
La manutenzione è d’obbligo
Una corretta manutenzione della propria mototrivella è ovviamente essenziale per far durare il più possibile l'investimento.
Ci sono poche semplici operazioni da eseguire periodicamente, a seconda della frequenza di utilizzo della propria macchina. Molte, vista la semplicità della macchina si concentrano su interventi relegati al controllo e alla pulizia del filtro dell'aria, a quello del filtro del carburante (da sostituire se usurato).
Fondamentale la pulizia delle alette del cilindro, utilizzando un pennello o un soffio di aria compressa. Visto l’utilizzo in ambienti molto polverosi e umidi importante è la pulizia della candela (da sostituire se usurata) e controllo della distanza tra gli elettrodi.
Di particolare importanza la sostituzione del grasso nella scatola del riduttore ogni 100 ore di lavoro. Prima di ogni utilizzo è importante il controllo delle condizioni della punta. È necessario poi affilare o sostituire il vomere e il puntale di avvio quando sono usurati.
Non solo pali
Un buon impianto parte da pali solidi. Non solo.
Deve essere corredato da fili e accessori in grado di semplificare molte operazioni complesse che richiedevano in passato molta manodopera. Fondamentali sono anche elementi secondari quali braccetti reggifilo, ganci, tiranti, tirafilo, legacci etc. I braccetti ad esempio rivestono un ruolo fondamentale e assieme ai pali di sostegno sono la struttura vera e propria del vitigno.
In genere i braccetti sono realizzati in acciaio profilato e trafilato che servono da sostegno per i fili delle piante. Ne esistono di parecchi tipi e fattezze e molte volte vengono realizzati anche a misura personalizzata.
In genere i braccetti vengono realizzati zincati a caldo al fine di essere più robusti e duraturi nel tempo. Oltre a dover garantire una certa durata, devono assolvere alla funzione di sostegno anche di una certa entità. Di seguito elenchiamo le caratteristiche principali dei pali più diffusi in viticultura.
Pali in legno
Sono utilizzati soprattutto per il loro ridotto impatto ambientale e per la loro flessibilità, uniti alla possibilità di meccanizzare la vendemmia e la potatura.
La loro durata, rispetto alla vita del vigneto, è ridotta. I materiali utilizzati sono il pino trattato, il pino Marittimo trattato o il castagno. Ogni tipo di palo può essere fornito nel tipo tornito scortecciato di diverse lunghezze.
I pali in pino marittimo di alta qualità, sono costituiti da legname di buona maturità dalle fibre dense e resistenti. Si utilizza solo la parte inferiore del tronco per garantire la presenza di un numero minimo di nodi, provvedendo a una accurata essiccazione del palo preventivamente alla impregnatura, eseguita con sali in quantitativo tale da consentire una vita pari a quella dell’impianto.
La loro garanzia è generalmente e trivelle ventennale.
Pali in acciaio zincato
Sono quelli costruiti in laminato di acciaio zincato e in laminato di acciaio da 15/10 e 20/10 hanno la peculiarità di essere particolarmente resistenti all'usura degli agenti chimici ed atmosferici, rappresentano la risposta vincente alle esigenze della moderna vitivinicoltura.
Le tecnologie di costruzione ne fanno, infatti, prodotti leader nel settore della palificazione per vigneti in Italia.
Il particolare profilo ad "U" con venature d'irrigidimento aumenta considerevolmente la resistenza alla torsione, alla flessione ed al taglio rispetto ai pali tradizionali. Questa caratteristica migliora l'indeformibilità della spalliera anche in vigneti particolarmente produttivi.
La forma aperta del profilo evita ristagni d'acqua a contatto con il terreno, garantendo una maggiore durata nel tempo e il materiale di costruzione gli conferisce caratteristiche di leggerezza tali che ne facilitano la manipolazione ed il trasporto.
Le asole parallele sui lati consentono una comoda e facile installazione dei fili e la loro sostituzione in caso di rottura accidentale, ed un’eventuale serie di bugne posizionate alla base del palo ne migliorano l'ancoraggio al terreno.
È rilevante inoltre la convenienza economica di questi tipi di pali; la notevole economia sia nel montaggio della spalliera che nella maggiore durata nel tempo dei pali in acciaio zincato, i quali possono essere riutilizzati alla fine del ciclo produttivo del vigneto. La forma e la resistenza meccanica facilitano l'avanzamento delle vendemmiatrici scavallanti lungo i filari senza provocare danni sia alle macchine che agli impianti.
Rivestito in una copertura generalmente in Alluminio-Nichel-Rame-Zinco e Polimero, il palo in acciaio zincato è da 3 a 7 volte più resistente alla corrosione rispetto ai tradizionali pali in lamiera zincata a caldo, come dimostrano le prove di resistenza in nebbia salina.
Pali in cemento armato precompresso
Il cemento armato precompresso non è un vero e proprio materiale da costruzione ma una tecnica di realizzazione di pali, concepita per ottimizzare gli sforzi di compressione, a tutto vantaggio del lavoro del calcestruzzo.
La precompressione viene fornita al palo quando questo viene realizzato. Il calcestruzzo è costituito da due componenti: quello lapideo (aggregato) e quello collante che ricopre, avvolge e collega i singoli elementi lapidei.
Il componente lapideo, comunemente chiamato inerte, comprende a sua volta almeno due ingredienti: la sabbia (aggregato lapideo fine) e la ghiaia o il pietrisco (aggregato lapideo grosso). Il componente collante, è ottenuto da due ingredienti: acqua e legante; quest’ultimo può essere costituito da vari sistemi tra i quali il più importante è il cemento Portland.
Il calcestruzzo resiste alla sola sollecitazione meccanica di compressione ma nel momento in cui all’interno del calcestruzzo, sono annegati dei rinforzi metallici (armature) il cemento così armato è in grado di resistere anche a sollecitazioni di flessione e trazione tipiche dell’acciaio d’armatura.
Sollecitazioni solo di modeste entità però, perché oltre comincia a fessurare e ad esporre l’armatura al degrado dell’ambiente.
Da qui, l’esigenza dell’evoluzione al cemento armato precompresso che si differenzia per la presenza di armature metalliche di elevata qualità, normalmente trefoli in acciaio, tesi prima del getto del calcestruzzo e successivamente allentate, quando il calcestruzzo è adeguatamente indurito. Questa operazione consente di avere maggiori benefici in termini di indeformabilità (soprattutto a flessione).
I trefoli di armatura sono infatti ostacolati dall’aderenza del calcestruzzo indurito nel riassumere la lunghezza originale e rimangono in tensione, mentre il calcestruzzo permane in uno stato di compressione.
Questo stato di coazione (di trazione nei ferri e di compressione nel calcestruzzo) consente di sopportare carichi flessionali elevati prima di pervenire alla fessurazione del calcestruzzo.