Aratura e lavorazioni tradizionali convengono ancora nell’epoca del minimum tillage o del sod seeding? Cercheremo di riassumere quando aratura &Co. sono da preferire alle pratiche conservative

Perchè si prepara il terreno alla coltura?

Domanda che ai più può suonare ovvia, ma che è la base per adattare le proprie strategie al tipo di agricoltura al fine di aumentarne la redditività abbattendone i costi.

Le lavorazioni del suolo ad uso agricolo hanno svariate funzioni, le più importanti delle quali sono il mantenimento di una buona struttura, il contribuire alla lotta contro le malerbe, il determinare la formazione di un buon letto di semina che permetta alla pianta di emergere facilmente e all’apparato radicale di espandersi agevolmente.

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Le tecniche di lavorazione variano a seconda dell’ambiente, della tipologia di terreno, della precessione colturale, della tipologia di infestanti, del grado di inerbimento. In cereali, in particolare il mais deve essere in grado di trattenere grandi riserve d’acqua senza che si creino ristagni, deve riscaldarsi facilmente e deve essere omogeneo.

Una buona struttura e l’assenza di suole superficiali e profonde è necessaria per il buon sviluppo dell’apparato radicale, cosa che permette alla coltura di resistere meglio alla siccità e di prelevare nutrienti anche in profondità.

Le tecniche che permettono l’ottenimento di queste caratteristiche sono sia di tipo tradizionale sia quelle definibili di minima lavorazione.

Nel primo caso la preparazione del terreno consta di un’aratura che permette una più facile penetrazione dell’acqua, l’interramento dei residui, dei fertilizzanti minerali dotati di scarsa mobilità, dei fertilizzanti organici, permette un controllo dell’entomofauna dannosa portando in superficie le forme svernanti in profondità, permette la determinazione di una buona struttura mediante esposizione del terreno al sole, al gelo e all’alternanza di disseccamento e umettamento.

Vedemecum delle lavorazioni

Madre di tutte le pratiche di preparazione colturale è l’aratura. Nei terreni argillosi l’aratura deve essere effettuata su terreno in tempera, possibilmente prima dell’inverno. I terreni che si costipano con facilità invece prediligono arature tardo-invernali o di poco precedenti la semina.

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In generale la profondità di aratura varia a seconda della tipologia di terreno (più profonda per nei terreni pesanti), con tendenza in atto ad una sensibile diminuzione (oggi si tende a non far superare i 25-30 cm).

All’aratura seguono le lavorazioni di preparazione del letto di semina, di tipo superficiale, che variano a seconda del tipo di terreno dalla semplice erpicatura ad alcuni passaggi con diverse tipologie di erpici, fresatrici e pareggiatori.

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La loro funzione può essere quella di rompere le zolle, livellare il terreno, sminuzzare la crosta o i residui superficiali, rassodare il terreno o renderlo più soffice. Questi passaggi devono essere eseguiti 2/3 settimane prima della semina per rendere uniforme l’umidità dello strato superficiale e garantire quindi una migliore emergenza.

È possibile pensare di effettuare in un unico passaggio più lavorazioni superficiali grazie ad attrezzi combinati, a vantaggio di un minor compattamento del suolo.

Quando il non lavorare fa male

A meno che non si imposti un’agricoltura che preveda il sod seeding, il trascurare la lavorazione del suolo non è certamente consigliabile, soprattutto considerata la necessità impellente di realizzare rese produttive il più elevate possibile: non lavorare i terreno porta ad un risparmio marginale.

Ma le conseguenze sono la diminuzione della produttività almeno del 15%. Questo a causa, soprattutto, di uno stentato sviluppo dell’apparato radicale.

Il rischio poi Si assisterà inoltre con maggior frequenza a quegli allagamenti dei campi che preoccupano sempre più. 

In passato, quando il rispetto del terreno era basilare per i nostri avi, i danni da maltempo non erano infatti così consistenti. La riduzione della permeabilità dei suoli a seguito di lavorazioni improprie ed una mancata programmazione della regimazione delle acque, provocano una sicura intensificazione di questi fenomeni. 

Più lavoro meno erbacce

Lavorazioni adeguate consentono inoltre il controllo delle infestanti, in particolare di quelle tenaci, che di anno in anno (anche a seguito di più ridotte lavorazioni) aggrediscono lo sviluppo delle colture. 

Rimane comunque il caposaldo di qualsiasi tecnica colturale, con l’obiettivo di ridurre l’eccessivo compattamento del suolo, a tutto vantaggio di un naturale sviluppo della radice. Alla preparazione del letto di semina devono seguire operazioni complementari di rifinitura; Sono operazioni che vengono effettuate in due fasi (in inverno e in primavera) ed hanno lo scopo di eliminare le malerbe e migliorano la granulometria nella fascia colturale attiva, favorendo così la ricezione dell’acqua e la circolazione dell’aria. 

L’azione disgregatrice e diserbante di queste macchine appare particolarmente indispensabile se l’inverno è mite e il terreno non ha avuto nel gelo un alleato valido per struttura suolo e su infestanti. 

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Quando intervenire

Non è possibile cadenzare un periodo migliore, di anno in anno, per determinare per gli interventi di preparazione. In Italia la maggior parte dei suoli è argillosa. Considerando che gli interventi meccanici vengono condizionati dalla natura del terreno, servirà prestare particolare attenzione nella scelta di epoche e modalità di lavorazione soprattutto se le colture hanno radici fittonanti.

In terreni sabbiosi e/o limosi (sciolti), si consiglia di ritardare l’intervento allo scopo di contenere la costipazione che essi tendono a manifestare in misura maggiore a seguito della carenza di sostanza organica. In quelli tenaci la lavorazione deve essere attuata con terreno in tempera e in epoca precoce per evitare la formazione di zolle fangose e per dar modo agli agenti climatici di svolgere una prolungata azione disgregatrice sulle zolle. Negli ambienti del Mezzogiorno è utile intervenire subito dopo l’aratura, sfruttando la pur minima umidità presente per una primaria frantumazione delle zolle. 

Sistemi di lavorazione 

All’aratura segue la frangizollatura, necessaria per ottenere la disgregazione delle grosse zolle di terreno lasciate dall’aratro. Il frangizolle è composto da rotori ad asse orizzontale muniti di denti o zappette radiali, preceduti da lance fisse; la profondità di lavoro (25 cm), la larghezza (2,5-3 m) e il peso (3-4 mila kg) richiedono potenze di traino di almeno 60-75 kW (meglio se il trattore è cingolato). Dopo una fase di pausa occorre intervenire nuovamente con il mezzo meccanico e, grazie all’estirpatura, migliorare ulteriormente la disgregazione delle zolle e contemporaneamente eliminare le infestanti cresciute nel frattempo. 

L’estirpatore, costituito da una serie di dischi e denti (rigidi o flessibili) con estremità foggiata a vomere o zappetta, è destinato a tagliare orizzontalmente il terreno, smuovendolo ed estirpando le erbe. Tali passaggi meccanici sono consigliati per colture fittonanti e con arature particolarmente profonde (35-50 cm). 

Se l’apparato radicale è superficiale (mais, girasole e soia) e in terreni sciolti (sabbiosi o limosi) si può intervenire con attrezzature combinate, composte cioè in un unico telaio da fresa rotativa oppure erpice a lame rotanti, seguiti da dischi/ lance e livella; il terreno viene disgregato e affinato con un unico intervento. Sono le lavorazioni conservative e a volte prevedono l’abbinamento alla semina.

A questi primari lavori segue l’erpicatura poco profonda (5-8 cm) per l’affinamento del letto di semina. L’erpice rotante è dotato di una serie di lame verticali ad azionamento rotante in grado di smuovere il terreno in modo fine; l’applicazione sui “denti” rotanti, della lama orizzontale GB migliora la lavorazione e l’eliminazione delle erbe. 

L’erpice è costituito da un telaio con una serie di denti in ferro fissi o flessibili e oscillanti che penetrano superficialmente (5/8 cm) nel terreno affinandolo ed estirpando le infestanti. L’erpice strigliatore (trainato da potenze di almeno 20-25 kW) è composto da molle meccaniche che penetrano nel suolo a 5-8 cm di profondità tramite una potenza richiesta di 20-25 kW. 

Colpi di rullo 

La rullatura tipica è un classico lavoro complementare che si colloca fra le operazioni finali di preparazione del letto di semina.

Si esegue con il rullo compressore, una semplice macchina costituita da un telaio portante e da uno o più cilindri a superficie liscia, che esercita una leggera compressione del terreno lavorato prima o, spesso, dopo la semina.

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La stessa operazione si esegue con altre macchine che possono presentare modifiche atte a migliorare il lavoro per determinate finalità. Un tipo frequentemente usato è ad esempio il rullo frangizolle, composto da una serie di dischi a superficie liscia o sagomata allo scopo di esercitare un più energico sgretolamento delle zollette in superficie. Un tipo particolare, poco usato, è invece il rullo sottocompressore, concepito per esercitare un'azione di sgretolamento superficiale e soprattutto di compattamento in profondità in modo da ridurre l'eccessiva cavernosità lasciata dalle lavorazioni.

La rullatura è quindi indicata per ridurre la sofficità superficiale; è consigliata in pre-semina per uniformare la deposizione dei semi alla profondità ideale (2-4 cm in funzione dell’epoca e della coltura); in post-semina si rischia la formazione di crosta che rende difficoltosa l’emergenza dei germogli. I rulli (pieni di acqua) possono essere applicati anche anteriormente al trattore con seminatrice, per eseguire le due operazioni con un unico passaggio. 

Il tocco finale

Alle lavorazioni preparatorie precedentemente descritte seguono, nel corso del ciclo della coltivazione, operazioni meccaniche nell’interfila della coltura, allo scopo di smuovere il terreno, portando cioè aria all’interno delle particelle, si favorisce in tal modo il normale sgrondo delle acque piovane, evitando inutili ristagni.

Contemporaneamente si ottiene l’obiettivo di eliminare con il passaggio meccanico le erbe residue infestanti che con la loro chioma potrebbero svolgere azione competitiva nei confronti della coltura.

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Le infestanti sfuggite al controllo chimico rappresentano, con il seme caduto, un problema di gestione anche negli anni a venire che potrebbe rivelarsi molto difficile da gestire. Per non danneggiare la coltivazione, si usano attrezzi specifici (sarchiatori e frese multiple) dotati di ruote strette in grado di lavorare il terreno all’interno delle file di bietole, mais, sorgo, girasole e soia. 

In alternativa si può reimpiegare, anche in copertura, l’erpice strigliatore.  I passaggi meccanici eseguiti nelle prime fasi di crescita delle piantine necessitano di particolari regolazioni dei vari organi meccanici e dell’indispensabile applicazione nelle sarchiatrici di apposite bande o dischi per la protezione delle giovani piantine (per evitare rotture dei germogli o ricoprimento con terra). 

Importante infine la tempestività nell’intervento meccanico interfilare sia per permettere un miglior controllo delle malerbe, sia per eliminare la crosta superficiale che può “strozzare” la piantina e rendere vani tutti gli sforzi di una semina anticipata. Per eliminare l’eventuale presenza di crosta anche sulla fila, si può ricorrere infine ad attrezzature specifiche che vengono dette rompicrosta.

Fotogallery: Aratura e lavorazioni tradizionali: convengono ancora