Agricoltura Biologica: buonissime notizie lato export, per un Made in Italy che cresce del 16%, con vendite per 3,4 miliardi di euro.

I risultati sul lungo periodo raccontano inoltre di un valore, in dieci anni, quasi triplicato (+181%).

Sono quindi molto positivi i dati dell'export del biologico nazionale. La conferma arriva dall'elaborazione di Nomisma alla luce delle ultime analisi prodotte dall’Osservatorio SANA e in vista dell’edizione 2023 del Salone internazionale, in programma a BolognaFiere dal 7 al 9 settembre per quanto riguarda il mondo del food e con Sanatech fino al 10 settembre.

Il successo in numeri

La commercializzazione di prodotti agroalimentari italiani bio sui mercati internazionali ha raggiunto i 3,4 miliardi di euro, producendo una crescita del +16% nel 2022 rispetto all’anno precedente.

Foto - agricoltura biologica, l’export Made in Italy cresce

E non solo. Perché a testimoniare il riconoscimento del settore all’estero ci pensano anche i risultati sul lungo periodo con un valore, in dieci anni, quasi triplicato (+181%). La gran parte delle esportazioni (81% del totale) riguarda il food per un valore di 2,7 miliardi di euro nel 2022 (anno terminante giugno), +16% rispetto al 2021.

Importante anche il ruolo del vino che pesa per il restante 19% dell’export bio, ossia una quota ben maggiore di quanto avviene con l’export agroalimentare in generale (in questo caso l’incidenza del wine è del 13%).

In termini assoluti si parla di 626 milioni di euro di vino bio Made in Italy venduto sui mercati internazionali, +18% rispetto al 2021 e una quota sul totale dell’export vitivinicolo italiano dell’8% (il food “si ferma” al 6%).

Dove finiscono i nostri prodotti?

Sempre dall’indagine condotta tra luglio e agosto 2022 da Nomisma per ICE Agenzia e FederBio, su un campione di 290 imprese alimentari e vitivinicole italiane, è venuto fuori che le principali destinazioni in Europa per food italiano bio siano la Germania (indicata nel complesso dal 63% delle aziende) e a seguire Francia (46%) e Benelux (34%).

Anche per il vino è in testa il mercato tedesco (67%), seguito a brevissima distanza dai Paesi Scandinavi (61%) – dove, da sempre, l’apprezzamento del vino bio è molto alto – e dal Benelux (59%). Fuori dai confini comunitari troviamo Svizzera, Stati Uniti e Regno Unito, sia per il food che per il wine (in quest’ultimo caso risultano strategici anche Canada e Giappone).

Foto - agricoltura biologica, l’export Made in Italy cresce

Secondo le imprese, i Paesi più promettenti per le esportazioni di prodotti bio nel prossimo triennio saranno Germania (56%), Nordics (32%) e Stati Uniti (25%) per il food, e Nordics (58%), Stati Uniti e Canada (entrambi segnalati da un terzo delle aziende) per il vino.

Qualità ok. Marketing mercati internazionali d'ostacolo 

A decretare il successo del biologico italiano all’estero, resta la qualità dei prodotti e il generale interesse del consumatore straniero per il Made in Italy (indicati rispettivamente dal 66% e dal 60% delle imprese).

Sono considerati elementi di successo anche l’equivalenza del marchio bio europeo (34%), l’elevata spesa media pro-capite per i prodotti bio (33%) e le garanzie associate ai prodotti agroalimentari bio (24%).

Secondo le aziende italiane, gli aspetti che rappresentano i maggiori ostacoli alla vendita dei propri prodotti bio all’estero sono, invece, i costi legati alle attività di promozione sui mercati internazionali (percepiti come ostacolo dal 42% delle imprese esportatrici bio), le normative/burocrazie locali e la concorrenza di prezzo da parte delle imprese locali (fattori indicati entrambi dal 37%).

Foto - agricoltura biologica, l’export Made in Italy cresce

Infine, grazie alle indagini periodiche di Nomisma, è emerso che se è vero che il biologico è ormai diffuso in tutto il mondo, in particolare, negli Stati Uniti (l’89% della popolazione ha consumato almeno una volta un prodotto biologico nel corso dell’ultimo anno), in Scandinavia (87%) e Canada (76%), il Bio Made in Italy rappresenta ancora una nicchia, soprattutto in Messico, Emirati Arabi e Giappone (dove la consumer base non supera l’8% della popolazione).

Dove, insomma, si evidenziano enormi opportunità di crescita.