Lauree professionalizzanti in agricoltura: non basta la spinta dell’abilitazione ad attrarre i giovani.
Anche se da quest’anno accademico chi si immatricola in una delle tre classi di questo tipo di laurea, pensata per le professioni tecniche (al di là del settore agricolo), può contare sullo “sconto” dell’esame di abilitazione (abbinato a quello di laurea e non più svolto dopo il titolo), i numeri di chi sceglie questo percorso sono ancora bassi.
Secondo i primi dati sulle immatricolazioni del ministero Università (ancora provvisori) all’anno accademico 2023/24, (fonte il Sole 24 Ore), finora sono 562 le nuove matricole per tutti gli indirizzi di studio.
Lauree professionalizzanti
Dopo o un triennio sperimentale le lauree professionalizzanti sono partite a regime nel 2021/22.
Con un duplice obiettivo: da un lato, elevare fino alla laurea le competenze dei giovani in uscita dagli indirizzi tecnici (geometri, agrotecnici, periti agrari e industriali in particolare), dall’altro, ridurre i tempi di accesso alla professione dopo il conseguimento del titolo.
Il taglio è più pratico rispetto alle triennali ordinarie: dopo un primo anno di studio accademico tradizionale, il secondo si svolge in laboratorio e il terzo è quello del tirocinio, che, da quest’anno, appunto, fa coincidere l’abilitazione con la seduta di laurea anziché aspettare le date fissate dal ministero.
Tre classi per 49 corsi
Sono tre le classi attive per un totale di 49 corsi in tutta Italia censiti nel portale Universitaly: la LP 02 è quella dedicata alle «Professioni tecniche agrarie, alimentari e forestali» e si basa su 11 corsi. A tre anni dall’avvio le immatricolazioni si fermano a una media di meno di 12 nuovi studenti per corso. Un numero persino leggermente inferiore a quello dell’anno scorso.
In realtà la situazione è complessa e le cause di questa scarsa attrattività sono tante. Innanzitutto i numeri: il Mur censisce soltanto i cosiddetti immatricolati puri, ovvero i giovani che si iscrivono per la prima volta a un qualsiasi corso di laurea.
Nel calcolo quindi non rientra chi si è immatricolato provenendo da un’altra scelta, poi abbandonata.
C’è poi una questione di tempo, perché nella loro veste definitiva le LP sono ancora giovani e dunque poco note (se si escludono gli esperimenti che alcuni atenei avevano avviato a partire dall’anno accademico 2018/19).
Tutti i presidenti degli Ordini che hanno fortemente voluto questi corsi evidenziano poi un grande disorientamento tra i giovani e le famiglie e un’offerta confusa.
In pratica le professionalizzanti hanno tanti concorrenti
Lo spiega al Sole 24 Ore Roberto Orlandi, presidente del Collegio agrotecnici, sulla LP02 per l’agraria
È una laurea che si posiziona, in parte, nello stesso segmento degli Its e, in parte, in quello della laurea triennale ordinaria.
E avverte: Attenzione, solo con quest’ultima si può proseguire verso la magistrale, mentre con la professionalizzante l’unico sbocco è il mercato del lavoro.
Una situazione simile riguarda anche le altre due classi, anch’esse in concorrenza con alcuni Its che, statistiche alla mano, garantiscono tassi di occupazione oltre l’80% di fatto tutti nel lavoro dipendente.
Mercato del lavoro: è un altro temibile concorrente
Per le professioni dell’agricoltura,
Per trovare lavoro – spiega Mario Braga, alla guida del Collegio dei periti agrari – non serve l’abilitazione professionale, basti pensare che su 500mila diplomati in agricoltura, sono solo poco più di 3.500 quelli che hanno scelto la libera professione full time secondo i dati della Cassa.
Questi diplomati, insomma, vanno a ruba nelle aziende. Per Braga quello che è mancato nell’avvio della laurea professionalizzante
è una riforma di sistema, un vero raccordo tra l’università e le esigenze del territorio.
Mentre Orlandi guarda alle professionalizzanti come un punto di partenza:
La concorrenza interna
A rendere ancora più complesso il quadro è anche la concorrenza interna tra Albi e professioni. Con la LP 02 il bivio è tra periti agrari e agrotecnici.
La vera spinta per le professionalizzanti, allora, potrebbe arrivare quando la laurea sarà requisito obbligatorio per esercitare la professione.
E qui sta agli Ordini interessati eliminare l’attuale doppio binario di accesso sia con diploma e con laurea. Ma sul quando questo passaggio possa avvenire c'è ancora molta incertezza visto che per i periti agrari non c’è ancora in vista l’obbligo di laurea.