Il minimum tillage e le lavorazioni minime fino a meno di 10 anni fa erano chiare a gran voce dalla PAC. Il motivo? Salvaguardare la fertilità del terreno e per ristabilire il giusto tenore di sostanza organica. Si chiedeva, in pratica, il minimum tillage.

Minimum Tillage fuorimoda? Ecco quando funziona

Minimum tillage, le basi

Partiamo dalla fine: il minimum tillage conviene, perché in alcune condizioni abbatte davvero i costi fissi e, soprattutto, quelli variabili.

Quali? Il costo dei carburanti e dei lubrificanti, le ore di lavoro impiegate e, anche, l’usura delle macchine. Il minimum tillage, come pratica alternativa è quindi teso a dare un ruolo di primo piano alle buone pratiche: copertura minima del terreno, utilizzo soft del suolo, mantenimento della sostanza organica attraverso la riduzione dei passaggi in campo.

Svelato il finale, vediamo che cosa si intende con minimum tillage, facendo però una doverosa puntualizzazione: le minime lavorazioni ben si adattano a parecchie circostanze, ma non a tutte.

minimum tillage1f

Una pratica antichissima

Tradotto in italiano, il termine minimum tillage significa letteralmente lavorazione minima. In pratica, la preparazione del letto di semina avviene con un numero minimo di passaggi delle macchine, che oltretutto lavorano a una profondità che non supera i 15 centimetri.

Dunque nulla in comune con le lavorazioni tradizionali che, stando anche a quanto indicano i testi di Agronomia, vorrebbero il susseguirsi di lavorazioni principali e lavorazioni secondarie, con tanto di ribaltamento delle zolle, e con profondità anche di 40 centimetri.

minimum tillage3f

Con queste tecniche, invece, si deve dare un’interpretazione minimal delle tecniche agronomiche fino a oggi più diffuse. Il che, naturalmente, porta anche dei vantaggi: il terreno si prepara in meno tempo, spendendo meno soldi. Va detto che la minima lavorazione non è un’invenzione dei giorni nostri.

In realtà si tratta di una pratica antichissima, che poi nel tempo è stata accantonata per lasciare spazio a una lunga preparazione del letto di semina, poiché si è ritenuto che diversi passaggi sul suolo portassero beneficio allo stato fisico del terreno.

In questa tecnica è molto diffusa la discatura, ossia una lavorazione che si effettua direttamente sul terreno sodo. Utilizzando un erpice frangizolle, si ottiene una frantumazione abbastanza forte e un parziale rovesciamento del terreno, ma solo in superficie. Per raggiungere buoni risultati le macchine giocano un ruolo fondamentale: l’ideale sono i macchinari capaci di eseguire due lavorazioni contemporaneamente, per esempio distribuzione del concime o del diserbante, contemporaneamente alla semina.

La versione zero

Per i più estremisti, oltre al minimum tillage, esiste anche il No tillage. In questo caso, il suolo viene smosso solo in corrispondenza delle file di semina, a una profondità sempre molto ridotta.

minimum tillage6f

Il beneficio è soprattutto per la struttura del terreno, che non subisce alcuna interazione. Va però specificato che le infestanti vengono controllate solo con gli erbicidi, poiché è praticamente inesistente l’apporto imputabile alla lotta meccanica.

Quanto alle macchine, l’ideale sono le seminatrici su sodo, che oltre a essere più pesanti rispetto alle seminatrici tradizionali, hanno un organo di lavorazione, a monte del seminatore, che giunge a una profondità massima di 5-10 centimetri.

Un altro estremismo - ma che se ben concepito può dare risultati ottimi - è il cosiddetto strip tiller. In pratica, il terreno viene lavorato solo dove vegeta la coltura - un esempio classico sono mais e soia -, mentre il residuo colturale resta nell’interfila, con ricadute positive sia della fertilità del suolo, sia del tenore di sostanza organica.

minimum tillage4f

Per molti, ma non per tutti

In teoria è tutto molto semplice: macchine adeguate, pochi passaggi e il terreno non soltanto è pronto per produrre, ma anche per mantenere inalterata la sua fertilità. Nella pratica, chiaramente, occorre considerare una serie di aspetti: passare alle minime lavorazioni o addirittura alla semina su sodo, comporta una fase di transizione di almeno un paio d’anni che, in funzione del tipo di suolo e delle capacità dell’imprenditore agricolo e del suo entourage, possono diventare anche tre o quattro.

minimum tillage11f

Zero Tillage? La chimica in primo piano

Se è vero che la lavorazione zero è una pratica dai risvolti sostenibili ambientalmente parlando, è anche vero che contro le malerbe si deve lottare. E, in questo caso, l’unica tecnica percorribile è il diserbo chimico.

Per quanto riguarda i prodotti da utilizzare non ci sono indicazioni diverse rispetto a quello che si fa in pieno campo normalmente. L’utilizzo di un diserbante dipenderà dalla coltura che si sta coltivando, dalle malerbe con competono con essa, dalla stagione e dalle preferenze dell’imprenditore.

Quello che si vuole sottolineare, dunque, è che zero tillage non significa zero chimica. In campo non entrano le macchine, ma gli agrofarmaci sì.